Un altro elemento caratterizzante l’agro intorno al paese, come del resto quello degli altri centri vicini, è la presenza di nuclei abitativi chiamati Stazzi, caratteristici casolari di campagna con annesse stalle e ovili, che ospitarono fino a oltre la metà del novecento, gran parte della popolazione comunale, qualcuno dei quali è tuttora abitato.

Le particolari condizioni di vita nell’habitat sparso degli Stazzi avevano originato fin dalla loro comparsa – a partire dal 1770 – tutto un sistema economico, architettonico, abitativo, una rete di relazioni sociali, una serie di usi, costumi e tradizioni che, combinati assieme, configuravano quella che ha preso il nome della “Civiltà degli Stazzi”, unica e diversa da ogni altra cultura presente in Sardegna. La parola stazzo deriva dal latino “statio” luogo di permanenza. Un agglomerato di stazzi formava una “Cussogghja”. Chi ci viveva era praticamente autosufficiente, in quanto si allevava il bestiame, si coltivavano i campi e si producevano formaggi e salumi.

Negli agglomerati più numerosi vennero edificate varie chiese campestri come quella della Madonna della Pace, a Bonaita, San Lussorio (Santu Lusunu), in località Pala di Monti, San Pietro di Rudas (Santu Petru), San Filippo (Santu Filippu) e San Giacomo (Santu Jagu), in località Pitrischeddu, dove sono presenti i resti di un piccolo e caratteristico campo santo, che fu utilizzato fino al 1925. Queste chiese campestri svolgono un ruolo fondamentale durante le sentite feste annuali, che ancora oggi vengono festeggiate. La toponomastica del paese rivela l’esistenza, nel passato, di altre chiese: Sant’Agata, Santa Caterina e San Quirico, di queste non ne esistono tracce, mentre delle chiese campestri di Sant’Ubaldo, San Sebastiano e Santa Degna, nei predi omonimi esistono ancora i ruderi a testimonianza di un Medio Evo intensamente vissuto nella fede.

 

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